Cari Giovani,
è ancora viva nel cuore la
gioia risuonata nella festa della beata Elisabetta Vendramini (27 aprile) e
nella celebrazione eucaristica che domenica 1 maggio a Padova ha coronato le varie
iniziative promosse per il 25esimo di beatificazione della nostra Fondatrice. Volti,
parole, incontri, gesti,… si sono rincorsi, incrociati e uniti nel rendimento
di grazie al Signore, che rinnova in ogni elisabettina il desiderio che fu di madre
Elisabetta. In una lettera al suo padre spirituale, don Luigi Maran, confidava:
“Io voglio amare il mio Dio
perdutamente, indicibilmente; operativo amore è quello che chiedo”.
Per questa occasione, abbiamo
chiesto ad alcune Sorelle di condividere il loro incontro con questo Amore,
riverberato nel loro Sì al Signore ed espresso nei vari servizi in cui si
esprimono le suore elisabettine.
La prima ad aver accolto
l’invito è stata suor Mariateresa Dubini, che vive nella Comunità educativa "Ferdinando Bettini" a Ponte di Brenta (PD).
Sono nata in una famiglia in cui ho respirato i valori del dialogo franco, della giustizia, dell’onestà.
L’humus in cui sono cresciuta è
la realtà parrocchiale. L’intuito di un cappellano della mia parrocchia ha
colto in me delle attitudini che mi hanno portato ad essere animatrice ACR per
molti anni. Questa esperienza associativa, insieme alla programmazione di campi
scuola, alla formazione nel gruppo giovani sicuramente ha creato il terreno per
poter vivere, fino ad oggi, un’esperienza di vita consacrata in comunità. In
quegli anni giovanili il Signore ha cominciato a costruire una relazione con me
attraverso la conoscenza della Bibbia, la partecipazione a veglie, alle marce
della Pace… e ho cominciato a conoscerlo come il Dio liberatore, che invita
ogni uomo a conoscerlo e ad imitarlo.
Mi ricordo un brano che mi
aveva conquistata, dalla lettera agli Ebrei: “Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo
sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede”.
A 16 anni ero rimasta
affascinata dalla testimonianza di una suora salesia presente in parrocchia: la
sua gioia
di appartenere a Dio e ai fratelli e sorelle mi contagiava; ma forse
non era il tempo opportuno per compiere una scelta definitiva.
Dopo il diploma di ragioniera,
ho iniziato a lavorare come impiegata in una grande azienda, fino all’età di 24
anni. E siamo nel 1991. In
questa estate con un gruppo di giovani della parrocchia siamo andati in
Francia, a Taizé, in una comunità ecumenica dove si recano ogni anno migliaia
di giovani del mondo a pregare e confrontarsi, a crescere nella Fiducia in sé,
nell’Uomo, in Dio e costruire così riconciliazione e perdono nella propria
realtà.
A Taizè si è mosso qualcosa
dentro di me: per la prima volta mi sono sentita guardata dentro ed amata
nella realtà più profonda, senza maschere. Ho incontrato un Dio padre, esclusivamente buono, che mi aveva
pensata e voluta su questa terra, che si prendeva cura di me, attraverso le
persone che avevo incontrato e che voleva che io donassi questo suo sguardo di
amore promuovente e liberante. Il brano del vangelo che mi si era incollato
dentro narrava dell’incontro di Gesù con il giovane ricco: “…fissatolo, lo amò”.
Subito ho pensato: “Come posso
vivere ciò che ho sentito dentro?”
Nell’anno successivo ci sono
state varie connessioni e una di queste è stata la testimonianza di una ragazza
che stava iniziando un percorso formativo per consacrarsi nella famiglia
elisabettina, sorella del cappellano della nostra parrocchia: sono rimasta
impressionata perché ho intuito che la mia resistenza a mettermi
in gioco riguardava l’idea che avrei dovuto essere “perfetta” per seguire Gesù…
invece no, Gesù mi chiamava a seguirlo proprio così, com’ero e così, a
24 anni, ho iniziato il percorso per consacrarmi a Dio.
E proprio nella famiglia
elisabettina… Un’esperienza della beata Elisabetta Vendramini ha fatto contatto
con la mia storia; nel Diario, per esprimere
la sua visione dell’Uomo riporta questa immagine: se stiamo camminando per
strada e scorgiamo una borsa di cuoio sommersa dal fango – sapendo che
all’interno ci sono monete preziose – la prendiamo, non preoccupandoci di
sporcarci e ripuliamo per far venire alla luce il contenuto prezioso. E questo
Dio fa con noi: nel momento in cui ne diventiamo consapevoli scatta in noi il
desiderio di imitarlo e ridonare vita, speranza, gioia!
Quest’anno festeggio 21 anni di
consacrazione: il tempo vola, come lo Spirito…
*****
Qual
è la cosa di cui ti senti più ricca e grata?La realtà essenziale per cui vivo è il dono di Gesù e della sua Parola, e ogni giorno ringrazio Dio per il dono di questa vita, così umanamente divina; sento in me l’invito a vivere l’appartenenza a Lui diventando sorella di chi incontro.
Una ricchezza che mi accompagna
da sempre è il dono dei bambini, per i quali ho uno sguardo e un’attenzione
speciale.
Quello di suor Mariateresa è
un cuore traboccante di vita ed entusiasmo che custodisce l’esperienza di un
Dono tanto bello che…. non poteva essere contenuto in questo solo post!!!
A presto… per continuare ad
ascoltare da suor Mariateresa come ha accolto e sta amando con la sua vita “un
amore le cui scintille siano opere” (dall’Epistolario della beata Elisabetta Vendramini), nel servizio a minori che
vivono varie forme di disagio.
suorilaria
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