Cari Giovani,
oggi raggiungiamo idealmente un’altra sorella, suor
Patriza Loro, che ha accolto l’invito a chiedere e a cercare l’“amore operativo”,
invocato da madre Elisabetta, che si fa annuncio della misericordi di Dio Padre…
Una chiamata che oggi suor Patrizia vive nel servizio pastorale in una comunità
parrocchiale della Calabria, tra la gente, con la gente.
Suor Patrizia, puoi raccontarci un po’ la tua storia e
quella della tua vocazione?
Ok, non è mai facile raccontare di sé e della
propria storia.
Una storia non
comune… Dopo un lungo cammino di ricerca, decidersi per il Signore è stato per
me fare come Gesù: puntare lo sguardo… e, a viso duro, incamminarmi verso Lui!
Certo, Gesù si è diretto deciso verso Gerusalemme sapendo che lì era chiamato a
morire… per amore, accettando che si prendessero la sua vita, ma lo ha fatto
perché era l’unico modo per guadagnarci tutti!
Bene, la mia
vocazione nasce tanti anni prima che io mi decidessi di lasciare tutto e
seguirlo. Ero una bambina di 7 anni, molto vivace. Non capivo perché ogni
domenica dovevo andare ad annoiarmi in chiesa e così mi facevo mandare fuori
tutte le sante domeniche, spesso messa in castigo da suore e catechiste. Solo
durante tempi particolari correvo in chiesa e ci stavo volentieri anche quando
la predica durava 40 minuti! Era quando tornavano per le vacanze i missionari!!
Ero come stregata dai loro racconti…
Poi sono cresciuta,
ho avuto momenti di crisi e di distacco dalla parrocchia; il lavoro, le
escursioni in montagna, gli amici… una
vita abbastanza notturna, la passione per il mio cane! E poi un sentimento sempre forte di empatia con i
poverissimi della terra, con tutte le situazioni di solitudine e disagio
materiale e affettivo… se si può dire così. Il sogno della missione non mi
aveva mai lasciato.
Desideravo una vita
come tutte le ragazze che conoscevo: marito, casa e figli! Ma non era abbastanza, come se il mio cuore
non volesse accontentarsi della normalità. Ero sempre meno in pace e sempre
più in ricerca e convinta che per capire dovevo fare un’esperienza missionaria.
Sono riuscita ad
andare in Brasile per 5 settimane: prima in un paese piccolo del nord est e poi
a San Paolo in una favela e qui ho capito che nonostante tante resistenze e paure, dovevo trovare la forza per decidermi
per il Signore. Lui stesso ha messo sul mio cammino le persone che mi hanno
accompagnato e aiutato a partire.
Nel tuo servizio pastorale tra le tante persone che
incontri ci sono molti giovani. Vuoi condividere un suggerimento che ti sembra
importante e che offri loro per riconoscere la chiamata di Dio per la propria
vita?
Se in Chiesa ci si annoia è perché non si è fatta
esperienza di Lui, di Gesù! Si è portati a cercare cose e persone capaci di
riempire la nostra vita, di darle senso… La
mia vita ha avuto senso e sapore nel momento in cui ho iniziato a confidarmi,
arrabbiarmi, pacificarmi, addormentarmi e svegliarmi con il Signore. A lui
ho affidato poi i miei sogni: quello grande resta la missione.

La nostra è una casa aperta! I ragazzi salgono per
salutare, per un bicchiere d’acqua, per il pallone buttato nella terrazza; con
i vari gruppi viviamo nella nostra casa i momenti
conclusivi dell’anno con pizza o grigliate… La gente ci sente presenza amica,
sorella e madre, presenza che c’è come anima della parrocchia, “le colonne” e
“il sorriso di Dio tra noi”… così la gente ci riconosce. Bello no?!
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