Cari
Giovani,
oggi
17 settembre, festa dell’Impressione delle Stimmate di San Francesco (leggi qui), la nostra
famiglia religiosa fa memoria della chiamata del Signore rivolta ad Elisabetta
Vendramini.
Sono trascorsi duecento anni da quel giorno.
Così oggi pomeriggio, per aprire le celebrazioni di questa memoria, che si concluderanno nel settembre
2017, a Padova in Casa Madre, ma anche in tutte le comunità sparse nel mondo, pregheremo
ringraziando il Signore per il dono di madre Elisabetta che, dicendo il suo SI’
alla proposta del Signore, ha realizzato in pienezza la sua vita.
Ecco
come Elisabetta racconta nel suo Diario, il momento in cui ha percepito la chiamata
del Signore.
Giotto, Basilica di Santa Croce, Firenze.
«Nel 1817, li 17 settembre, ritrovandomi con delle signore e
tutta intenta essendo ad udire una nuova moda di acconciatura di capo, una
voce, solo dall'anima udita, mi disse: Non vedi che la tua condotta ti
porta a dannazione? Vuoi tu salvarti? Va' ai Cappuccini. Era questo un
orfanotrofio di mendiche abbandonate di cui ignoravo l'esistenza. A tal voce,
che a me fu un fulmine, si scosse siffattamente la mia natura che subito mi fu
chiesto cosa mi sentiva. Rinvenuta alquanto da tale onnipotente voce, dissi: Signore,
se voi siete che ciò volete, datemi la forza per obbedirvi. In un istante più non conobbi me stessa, mi
si cambiò in disgusto il mondo, lasciai lo sposo a cui era promessa e tosto
sospirai l'ignoto chiostro».
La risposta di amore di Elisabetta ha coinvolto molte altre donne che anche oggi sono segno dell’Amore del Padre Altissimo, nella famiglia francescana, secondo il carisma elisabettino. Due sorelle condividono le loro memorie, il momento in cui hanno percepito la voce di Dio.
«Uno
così non l'avevo mai incontrato!
“Dio
ti ama!”
ci diceva, ce lo diceva di continuo, soprattutto a noi giovani, e ci mostrava
come questo si traduceva in una carezza ad un bambino o ad un anziano, in un
abbraccio ad una persona disabile, nell'accogliere in casa propria un uomo
senza fissa dimora che spesso arrivava ubriaco e puzzolente. Ma quello che più
mi sconvolgeva era che tutto questo gli dava una grande gioia. Questa gioia mi
ha provocato così tanto che ho accettato la sfida e ho cominciato anch'io, nel
mio piccolo a provare a fare quello che faceva lui. Un po' alla volta ho capito
il perché di tanta gioia: in quei gesti lui esprimeva quell'amore che il
Signore gli aveva posto nel cuore e che non era proprio possibile tenere solo
per sé. Ho capito, sperimentandolo a poco a poco, che quell'amore che il
Signore ci dona senza misura, era davvero per tutti, e, soprattutto, andava
condiviso con chi di quell'amore aveva più bisogno, con chi faceva fatica o,
per motivi vari, era più in difficoltà ad affrontare la vita di tutti i giorni.
E' stato come scoprire un grande tesoro: la cosa straordinaria era che quel
tesoro, una volta condiviso, si moltiplicava invece di diminuire. E il miracolo
era che oltre a dare gioia agli altri dava una grande gioia anche a me. Giorno
dopo giorno ho percorso un cammino che mi ha portato a scegliere una vita
totalmente dedicata a condividere questo tesoro che aveva riempito il mio cuore
e tutta la mia vita. Sono diventata suora francescana elisabettina perché ho
visto in Francesco ed Elisabetta due persone che prima di me avevano compreso e
sperimentato quello che io stavo sperimentando e con loro mi sono sentita in
sintonia e, nel vero senso della parola, a casa mia».
suor
Alessia
«Guardavo
le suore elisabettine della mia parrocchia e pensavo che erano donne felici e
contente. Era il Signore che le rendeva felici e lo dimostravano nel servizio
ai bambini, agli anziani, alle persone che si rivolgevano a loro per qualsiasi
necessità. Anche io volevo vivere una vita piena e allora ho chiesto di poter
essere una suora elisabettina. I miei genitori mi hanno sostenuta e hanno
accolto questa mia vocazione come un dono anche per la nostra famiglia. Sono
passati molto anni e ora anche io posso dire di essere contenta e sentirmi
molto amata da Dio e dalle tante persone che ho incontrato nella mia vita. La
Famiglia elisabettina mi ha permesso di stare vicino alle persone che soffrono
e io ho imparato molto. I poveri ci insegnano ad essere semplici e umili, ma ci
obbligano anche ad essere coerenti con il Vangelo e con il carisma di madre Elisabetta».
Una
suora a riposo
Cari Giovani, vi auguro di ascoltare in profondità
la voce del Signore, quella parola che Egli rivolge a ciascuno e soprattutto il
coraggio e la prontezza di dire SI’, perché questa è davvero la strada per
avere la vita e la vita in pienezza.
Buon ascolto!
suor
barbara
barbara.danesi@elisabettine.it
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